
Un futuribile collegamento non stop tra San Francsco e Milano è la novità emersa da un colloquio avvenuto a New York tra Leonard Berberi e Patrick Quayle, SVP network development and alliance della United Airlines.
L’interesse per Berberi , è stato quello di capire cosa faranno i vettori americani ed in questo caso United. Sopartutto,dopo che la capacità è stata ristabilita per l’effetto ben noto del Covid-19. Ora le linee aeree stanno cercando nuove fonti di guadagno e l’attuale stato di fatto della domanda dagli USA verso l’Europa e l’Italia. in particolare è il fattore più interessante.
Infatti, non a caso i potenziamenti di Unted con l’apertura di nuove rotte riguardano mete e rotte dove il leisure comprato negli USA fa la parte del leone nelle percentuali delle vendite. Ma in particolare con l’effetto doppio accoppiato. che chi compra negli US paga il doppio se non il triplo nell’average ticket value rispetto all’Italia. Altrimenti in senso contrario tutte queste aperture non si materializzerebbero.
E’ così che United ha messo in vendita la Washington-Venezia tutti i giorni e la trisettimanale da New York EWR a Palermo. Forse quest’ultima in risposta a Delta Air Lines, che apre il New York JFK-Catania. Ma sopratutto c’è di mezzo l’effetto “The White Lotus”, che da tempo fa muovere turisti americani verso la Sicilia sull’onda del dream “I must see, I must go, I must be there”. Allora, perchè non entrare nel mercato per incassare una parte della torta e non lasciarla solo all’outsider?.
Ciò che infatti dice Quayle è “vogliamo offrire un servizio unico: i viaggiatori vogliono andare direttamente nelle città”.
Ma attenzione, che sia chi viaggia con un pacchetto turistico non o agganciato ad un tour organizzato. oppure chi è un repeater, spesso non parte e arriva dallo stesso punto in Italia. Molti atterrano a Venezia o Napoli. Oppure Roma e poi ripartono da uno degli aeroporti serviti da voli non stop del vettore. E’ una logica che gli americani usano spsstandosi in auto a noleggio, oppure su treno ad alta velocità.
Ma Quayle svela a Berberi, che una rotta possibile per il futuro tra USA e Italia e la San Francisco-Milano. Ma non dice ne come e ne quando.
La logica nella quale vengono studiati e poi aperti i collegamenti è chiara e ben nota. In questo caso comandano alcuni fattori importanti: quanto traffico c’è, quanto è l’average ticket value, com’è l’andamento nell’ultimo periodo come storico. Questo da calcolarsi nelle varie classi: business, premium economy ed economy. Mettiamoci anche il cargo in stivae in italia è tanto specie verso gli USA. I vettori riescono a calcolare tutte queste dinamiche, grazie ai software a disposizone sulle vendite globali totali del mercato e del loro vettore. Nel caso di un nuovo scalo, ci sono sia quanto ora viene prodotto dal mercato nei diversi modi di acquisto e dove vengono comprati i biglietti. Ma pure se da quell’aeroporto ci sono passeggeri che arrivano o ritornano al punto di partenza via hub, con o senza un biglietto in questo caso United. Se un passeggero parte con quel vettore e ritorna con un altro. in questo caso quella metà del biglietto, a meno che non sia un volo operato da altri, ma in code share…. quella metà potrebbe essere andata persa nel primo caso e non nel secondo. Quindi , se c’è la convenienza, perchè non aprirci un volo stagionale o annuale.
L’Italia ha un gap nel traffico leisure da USA, la stagionalità. infatti non è 12 mesi su 12 mesi, anche se recentemente si assiste ad una destagionalizzazione. Questo limita lo sviluppo delle rotte ed il loro passaggio da stagionale maggio-ottobre o aprile-tutto ottobre a 12 mesi l’anno. oppure quasi annuali senza i classici “terrible 90s”. Tutto, come già detto è comandato da ciò che viene venduto oltre oceano e ora è 80/85% USA e 20/15% ITalia. Ma in alcuni mesi dell’anno il lato USA è praticamente la totalità.
L’articolo di Leonard Berberi di Corriere.it