
In un aggiornamento all’articolo dove Leonard Berberi faceva già una situazione sullo stato dell’arte della cessione della compagnia aerea ITA Airways ai soggetti privati interessati.
Nell’articolo al link:
emerge quanto segue. Il valore della ITA Airways per MSC-Lufthansa sale a 950 milioni di € contro gli 850 conosciuti fino ad ora. Sempre il 60% a MSC, il 20% a Lufthansa e il rimanente al Tesoro.
Cambia la proposta di Certares che si alza di valore, comunque 210 milioni in meno della cordata MSC-Lufthansa, quindi 740 milioni è l’offerta del fondo americano. Ma la partecipazione scende al 57-58% e quindi pare più una co-gestione , piuttosto che una privatizzazione vera e propria. Forse anche per minimizzare le passività nel periodo che lo Stato è ancora dentro alla compagnia aerea, scaricandogli una parte delle perdite, che presumibilmente il fondo ha messo in conto.
Come scrive Berberi il dilemma è “Guadagnare di più ma mantenendo meno quote o incassare di meno ma pesando di più? È il dilemma di questi giorni del ministero dell’Economia – e dell’attuale governo guidato da Mario Draghi – sul futuro di Ita Airways. Martedì 23 agosto gli advisor del Mef, azionista unico della compagnia tricolore, hanno aperto le buste con le nuove offerte vincolanti di Msc-Lufthansa e del fondo Usa Certares e oggi è atteso un primo vertice al dicastero per fare il punto sulla privatizzazione dopo un primo briefing anche a Palazzo Chigi”.
Certares sarebbe più parca nell’offerta presentata rispetto quella più ermetica di MSC-Lufthansa sui margini di manovra richiesti dal Governo per la gestione della compagnia anche se in minoranza e con una volontà di avere voce in capitolo. Su questo la situazione dei due contendenti la descrive così “Questo ultimo aspetto è confermato dal fatto che il fondo Usa consentirebbe al Mef di scegliere il presidente, ma non è chiaro se con funzioni esecutive o in un ruolo di rappresentanza, mentre tutti i poteri li avrebbe l’ad. Il dicastero, nel caso di vittoria di Certares, avrebbe voce in capitolo anche nelle decisioni strategiche del vettore. Msc e Lufthansa, proseguono le fonti ministeriali, nell’offerta ribadiscono l’indisponibilità a cedere la libertà imprenditoriale al Tesoro e giudicano il loro piano industriale come molto ambizioso e che può funzionare solo con una gestione “apolitica”.
Sostenzialemente si vede che il fondo vuole maneggiare capitali e poi piazzare il vettore a un altro soggetto oppure al mercato delle piazze d’affari, quindi lasciando al Governo più voce in capitolo su fattori gestionali, proprio perchè non è legato direttamente ad alleanze e logiche commerciali dei vettori.
Poi c’è l’eventuale prenio che i privati riconoscerenno in caso di risultati positivi in questo caso da consegnare al governo dal risultato di gestione. Ma c’è anche un capitolo penali che arriva al 20%. Berberi, ne parla compiutamente così “Margini per una negoziazione
Ma la novità – apprende il «Corriere» – è il premio sul 20% del Mef che verrebbe riconosciuto allo Stato al momento della dismissione pubblica se si raggiungono risultati economici migliori del business plan. A quel punto, è la stima, le casse pubbliche otterrebbero circa 100 milioni in più da Msc e Lufthansa, portando così il differenziale economico tra le offerte delle due cordate a 310 milioni. I colossi dei mari e dei cieli prevedono anche tempi certi di uscita del Tesoro nell’ambito del put & call che dovrebbe scattare non meno di due anni prima della cessione della maggioranza. Il terzo giro di offerte vincolanti, segnalano fonti del Mef, non ha portato il miglioramento che ci si aspettava né sul fronte finanziario né su quello dei diritti per l’azionista pubblico. Resta da capire se le due proposte lasciano margini a una eventuale negoziazione in esclusiva o sono quelle definitive. Nell’ultimo caso, una volta individuata la cordata il Tesoro può procedere con l’accordo preliminare di vendita. Nel primo caso i tempi si allungherebbero andando a sovrapporsi con la fine della campagna elettorale. La privatizzazione di Ita ora è un tema politico, proseguono le fonti ministeriali, dal momento che si tratta di vedere se il premier Draghi deciderà di tirare dritto e arrivare a firmare il preliminare tra tre settimane. Preliminare – come anticipato dal Corriere – che verrebbe blindato da una penale di recesso nel caso il prossimo governo dovesse bloccare in autunno la vendita alla cordata scelta. La cifra, secondo le ultime indiscrezioni, potrebbe anche arrivare a 170-190 milioni che lo Stato dovrebbe sborsare per non privatizzare Ita.
La penale infatti sarebbe “un mettere al muro” il prossimo esecutivo da eventuali tentazioni di ridiscutere tutto l’affare oramai condotto a concludersi positivamente, invece di andare nuovamente in una situazione avulsa di difficile risoluzione. Pretendenti non ve ne sono all’infinito.